giovedì 15 agosto 2013

Parole poco usate?

Secondo una ricerca pubblicata nel 2010 lo Zingarelli denunciava che erano scomparse dalla lingua italiana ben 2.800 lemmi.
Ho letto l'articolo collegato a questa notizia del Corriere "arrivatami" tramite un tweet (https://twitter.com/Daniele_Manca/status/356170627725529088).
Mi sembrava un eccessivo allarmismo perché è nel corso naturale della metamorfosi della lingua che alcune parole spariscano.


La lingua parlata è "viva" perché ci serve per comunicare ed è legata al suo tempo ed alla realtà. Non siamo più nel 1500 e quindi anche la nostra lingua non è più quella.
Certo però è vero che dal punto di vista stilistico ci stiamo impoverendo. Usiamo sempre le stesse parole ed alcune volte non sappiamo nemmeno un sinonimo delle stesse.
"Il cielo è grigio" è una frase banale ma potremmo dire plumbeo, ceruleo o no?
Ai miei tempi a scuola si scriveva molto di più. Si partiva dai pensierini per arrivare ai temi. Mi ricordo che se ripetevi spesso una parola l'insegnante ti faceva notare che avevi bisogno di ampliare il tuo lessico. E ti spiegavano chiaramente che il linguaggio scritto ha un codice diverso da quello parlato.
Quando scrivi non sono ammessi certi termini ed espressioni. Ora è ancora così?
Non bisogna divertare bacchettoni e rigorosi oltre misura ma nemmeno troppo permissivi e banali.
Ora sarebbe opportuno riprendere questa abitudine sia scrivendo e facendo scrivere di più i ragazzi sia leggendo non solo quotidiani ma anche libri "classici" di buona letteratura.
Poi facciamo una giusta ponderazione tra le parole che scompaiono perché "datate" o legate ad un ambiente  (la corte dei principi dal '600 in poi) o ad un certo stile (il dolce stil novo...).
Almeno queste sono le riflessioni che mi sono venute in mente.

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